Essere è tessere.
Il Messaggio di Papa Francesco per la 54ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali

«Per non smarrirci abbiamo bisogno di storie… che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme». Ci rendiamo conto di quanto siano rivoluzionarie le parole di Papa Francesco in questo mondo di comizi e di veleni che ammorbano l’aria che respiriamo?
«Abbiamo bisogno di una narrazione umana… che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri». Sono parole ampie, larghe, grandi, capaci di contenere la nostra umanità e le nostre differenze. Sono parole capaci di svelare che il filo che è ciascuno di noi non si attorciglia su se stesso, ma è chiamato a intrecciarsi con altri fili con i quali siamo collegati. Questo è «comunicare»: è creare non una connessione, ma un tessuto.
E come si fa a tessere un tessuto? Il Papa suggerisce una strada: narrare storie. Se non ci raccontiamo non intrecciamo i fili delle nostre vite. Il racconto è il ponte che abbatte i muri. Se non ci raccontiamo ci separiamo, ci dividiamo, prevale l’idea. Se ci raccontiamo, anche se siamo diversi, creiamo un tessuto.
Perché raccontare ci unisce? Perché è il racconto che ci fa essere quel che siamo. In realtà ciascuno ha un racconto di se stesso che si è formato grazie ai racconti che abbiamo ascoltato nella nostra vita. «I racconti ci plasmano», dice Francesco. Essi plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti. E non solo ci plasmano, ma anche ci «rivestono», «custodendo» la nostra vita.
Bello che il Papa dica che le storie custodiscono la nostra vita. Quante volte ci raccontiamo o raccontiamo fatti, eventi, storie per preservare l’esperienza che abbiamo fatta? Certe esperienze, se non si raccontano, muoiono, perdono di significato. A volte, è come se avessimo bisogno di raccontare per dare luminosità e fuoco a eventi che sentiamo importanti, ma che sono come aggrovigliati in noi. Le raccontiamo ed ecco che si sciolgono. E raccontando poi, certo, aggiungiamo qualcosa, nascondiamo, esageriamo: ogni cosa prende proporzioni diverse perché in realtà, se raccontiamo il vissuto, ci rendiamo conto che quel che abbiamo vissuto davvero, il suo significato, è quello che raccontiamo, non la semplice cronologia degli eventi. Gli amici, le coppie, a volte anche le classi, le squadre che cosa hanno di comune se non innanzitutto le storie? Le narrazioni custodiscono i rapporti.
Leggendo le storie o ascoltandole poi possiamo anche noi immergerci in esse. Per questo ci piacciono i film, i romanzi: perché sono pieni di «buchi», di spazi aperti dove possiamo infilarci e che ci permettono di fare di «quella» storia la «nostra» storia, la mia. Può accadre anche quel che scrive il Papa: «immergendoci nelle storie, possiamo ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita».
Ma le storie pure possono narcotizzarci «convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare». Diventiamo «avidi di chiacchiere e di pettegolezzi», consumiamo «violenza e falsità». Lamenta Francesco: «Spesso sui telai della comunicazione… si producono storie distruttive e provocatorie, che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza». Le storie possono slegare, distruggere i rapporti, dividere. Le parole possono essere pietre. Certo la banalità e la falsità sono minacce, ma soprattutto i discorsi «falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio». Non dobbiamo «perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi». E allora
«per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri».
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