E ora chi ci salverà? La situazione del mondo si è fatta gravissima e il Papa è come il gallo rosso di Chagall

Antonio Spadaro SJ
4 min readJan 10, 2024

La mia risposta a una domanda diretta di Antonio Padellaro sul Fatto quotidiano

La situazione del mondo si è fatta gravissima. «E ora chi ci salverà?», mi chiede Antonio Padellaro dalle colonne del Fatto quotidiano, meditando sulla situazione e riflettendo sul ruolo del Pontefice. Le sue parole — che invito i lettori a meditare — dipingono un quadro che mi ricorda «Guernica» di Picasso.

Ma è lo stesso Francesco che — mentre il chiacchiericcio clericale si impunta sul significato della benedizione divina proprio quando ne avremmo tutti più bisogno — scrive un’Esortazione apostolica che sembra un ultimo appello prima della catastrofe, anzi un grido più che un appello. I toni diplomatici tradiscono la percezione che siamo a un punto di non ritorno: «il mondo si sta sgretolando». Le immagini hanno un acre sapore apocalittico. Il titolo gioioso dell’Esortazione Laudate Deum rende le sue parole ancora più tragiche, un vero ossimoro, come la disperazione di un clown che annuncia il disastro tra le risate generali.

Di recente sono stato a Roubaix, nel nord della Francia, a visitare una mostra dal titolo «Chagall politico», a mio avviso straordinaria. Finalmente ho potuto ammirare «La Commedia dell’arte», opera monumentale commissionata all’artista per il foyer del Teatro di Francoforte dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale. Rappresenta una pista da circo, che per Chagall — pittore tra i più amati da Bergoglio — è specchio del suo tempo. Sulla tela, acrobati, giocolieri e musicisti, trapezisti e scudieri si avvicendano su una pista colorata, distillando un’atmosfera gioiosa. Al centro, una figura zoomorfa di violoncellista si affaccia su un gallo rosso con l’occhio spalancato, l’unico a guardare lo spettatore interpellandolo. Questo mondo apparentemente incantato nasconde un universo metaforico e simbolico nel quale la risata si mescola alle lacrime. Chagall associa il mondo dei saltimbanchi al tragico dell’esistenza, e la distruzione e i genocidi sfociano nell’oscuro carnevale dell’umanità.

Francesco è come il gallo rosso di Chagall con l’occhio spalancato — l’unico a guardare lo spettatore e a sfidarlo — che simboleggia la lucidità e la chiaroveggenza. La sua voce oggi si fa appello durissimo, tra i più duri del suo pontificato. Il Pontefice ha preso sul serio più di chiunque altro le parole dimenticate del Concilio Vaticano II che definiva il nostro tempo come un semplice fase di «tregua di cui ora godiamo e che è stata a noi concessa dall’alto, per prendere maggiormente coscienza della nostra responsabilità e trovare delle vie per comporre in maniera più degna dell’uomo le nostre controversie» (Gaudiun et Spes, n. 81). Una tregua, non una pace!

L’occhio di Francesco sulla realtà di questo mondo è ben aperto: sa che il peggio del Novecento sta tornando. E sono le scelte degli uomini a dare forma al futuro. Il Papa è ateo rispetto a un pagano «Deus ex machina» che risolve il problema degli uomini con una trovata geniale o con un colpo di spugna o una piroetta. Conosce le dinamiche perverse della politica internazionale che ha rinunciato ad affrontare le questioni in modo multilaterale: lo ha scritto in tutti i suoi documenti più ufficiali. Per questo la sua diplomazia cuce sempre e mai vuole tagliare. Per questo vuole ragionare tenendo tutti insieme, i «buoni» e i «cattivi». Per questo la diplomazia vaticana è infaticabile nei suoi canali ufficiali e non ufficiali. Essa sa che senza una visione globale sul bene comune — così tipica del cattolicesimo, tra l’altro — la politica internazionale, saldamente ancorata agli interessi economici, produce scarti, e lo scarto produce conflitto.

E sa, Francesco, che il vero problema dell’implosione dell’ordine mondiale — che presto si confronterà con elezioni nazionali cruciali che potranno cambiare il panorama globale — è che non abbiamo neanche le parole per balbettarne un altro. Stiamo perdendo il logos della scienza politica mentre il male assume i tratti della metafisica lasciandoci afoni, capaci solo di registrare le carneficine di una «inutile strage». Ma i conflitti stessi sembrano senza una vera e propria strategia, e le possibili vittorie non sono orientate da chiare e praticabili idee di futuro. Quali sarebbero nel caso dell’Ucraina e del Medioriente, ad esempio?

La tragedia è che ancora si crede che le guerre possano risolvere i problemi. Oltre che una stupidaggine, questa è una decisione libera degli uomini e degli Stati, incluse le democrazie. Sempre il Concilio ammoniva: «non sappiamo dove ci condurrà la strada perversa per la quale ci siamo incamminati». Il papa lo ha ripetuto ricevendo in udienza il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede lunedì 8 gennaio, delineando l’atlante dei conflitti che vanno «incancrenendosi».

L’ho detto già altre volte, caro Padellaro: la figura petrina di Francesco — in questa fase così lucida ed estrema del suo pontificato — è sovrapposta a quella francescana di folle moderato e ribelle paziente pasoliniano, di idiota dostoevskiano, di matto felliniano. Il suo è un appello alla nostra libertà. Le decisioni sono nostre. A volte la sua voce grida nel deserto, ma certamente si fa sentire, anche da chi sembra non ascoltarla: è rimasta l’unica di un leader morale globale che, col Vangelo in mano, lotta per il futuro in un contesto nel quale il diritto internazionale, bellico, umanitario sembra non esistere più.

Pubblicato sul «Fatto quotidiano» del 9 gennaio 2024 col titolo: «Caro Padellaro, il Papa grida: sta a noi sentirlo»

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Written by Antonio Spadaro SJ

Sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione🇻🇦| già XX .mo Direttore di Civiltà Cattolica e BoD di Georgetown University

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