Che cosa significa «sperare» al tempo del Covid-19?

Antonio Spadaro SJ
2 min readApr 12, 2020

Il distanziamento sociale e l’isolamento ci mettono nel cuore nostalgia di tutto: di una passeggiata come di un abbraccio, di un cappuccino al bar come di un film al cinema.

È la memoria che si trasforma in desiderio. Sono le immagini del passato che ci spingono a immaginare il futuro. Abbiamo nostalgia delle abitudini.

Ma non possiamo né dobbiamo fermarci a questo sentimento effimero.

Se lo vogliamo, infatti, è proprio la nostalgia a provocare l’attesa e la speranza.

Questo tempo in cui siamo chiusi in casa deve aiutarci a pensare il tempo futuro. Avevamo una vita normale perché fatta di abitudini e perché fatta di sorprese. Adesso è cambiato l’orizzonte delle abitudini e delle sorprese.

E ci chiediamo se non sia cambiata per sempre anche la nostra normalità.

La speranza sarà il semplice desiderio di tornare «normali»? Un po’ sì, è vero. Ma se vogliamo rendere proficua l’inquietudine che proviamo dobbiamo viverla con inventiva e creatività.

La creatività deve manifestarsi nell’aprire finestre lì dove ci sono muri. Non è facile coltivare la speranza stando chiusi in casa. Ma può servire a prepararci a tempi migliori. Come un ritiro spirituale.

Speranza significa aver cura di un futuro che verrà. Il passato sono le radici, la saggezza che ci è stata tramandata. Ma dobbiamo fare anche quel che una volta si chiamava «esame di coscienza», cioè dobbiamo renderci conto che abbiamo commesso errori, che quel che abbiamo fatto non ci convince più, e ci ha portati a tutto questo. Non ci siamo presi cura dell’ambiente, dei tanti «spogliati», come li chiama Papa Francesco, cioè della povera gente. Ci siamo lasciati trascinare dalle divisioni.

Quando il futuro verrà, ci farà bene ricordare ciò che ci è accaduto, dunque. Speranza è avere cura dell’ora, ma per il domani. Tutto questo con creatività che non cerca evasioni alienanti.

Ridimensionarsi a casa non significa restringere lo spirito, ma metterlo alla prova con tenacia, con una ginnastica interiore. Significa, per esempio, interessarsi al mondo in un tempo in cui il virus, paradossalmente ci unisce tutti, noi esseri umani del pianeta Terra.

Un motto attribuito a Ignazio di Loyola afferma: «Non essere costretto dallo spazio più grande, ma essere capaci di stare nello spazio più ristretto. Questo è divino».

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Antonio Spadaro SJ

Sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione🇻🇦| già XX .mo Direttore di Civiltà Cattolica e BoD di Georgetown University